Con la Rivoluzione francese si pone la fine dell'Antico Regime, cambiano valori e abitudini, infatti, in questo periodo si svolse anche un intenso dibattito sull'istruzione.
Ad alimentare tale dibattito furono gli idéologues, la generazione successiva ai philosophes.
A segnare il distacco dal passato fu il fatto che i governi rivoluzionari sancirono per la prima volta tra i diritti dell'uomo alcune prerogative dell'infanzia, che da quel momento si cominciarono a reputare inalienabili.
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In tal modo anche in Francia prendeva corpo un'idea di educazione popolare.
La Rivoluzione introdusse una nuova concezione di cittadino, di Stato e di uomo, inteso come uomo portatore di diritti. Primo tra questi l'istruzione, che fu proclamata obbligatoria per tutti.
Nel corso del decennio rivoluzionario, la figura del bambino fu idealizzata: fu eletto simbolo della purezza, metafora dell'uomo nuovo, non corrotto dal passato.
La rigenerazione dell'uomo repubblicano non doveva essere solo morale, ma anche corporea. Sul corpo del bambino si indirizzarono nuove aspettative che coinvolgevano la medicina, l'igiene, l'educazione civica e ginnica, e che sorgevano dal retroterra culturale di matrice sensistica.
Analoghi cambiamenti si verificarono anche nel modo di intendere l'assistenza all'infanzia abbandonata e agli orfani.
Nella fase "moderata" della Rivoluzione, per esempio, il duca di La Rochefoucald-Liancourt, riprese la pedagogia di Pestalozzi, e rimarcò l'importanza del legame affettivo madre-figlio: solo l'educazione familiare poteva garantire un'adeguata formazione morale.
Nel 1792 si arrivò alla promulgazione di una legge sull'adozione che, però, restò largamente disattesa, perché poche furono le famiglie disposte ad adottare un esposto.
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